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Aspirina: Non Garantisce La Prevenzione Da Ictus e Attacchi Di Cuore

Quasi 60 milioni di americani prendono l’aspirina ogni giorno per aiutare a prevenire gli attacchi di cuore e ictus, ma una nuova ricerca dalla Duke University dimostra che l’aspirina può non essere pienamente efficace nel 10/15% della popolazione.

L’aspirina, nota anche come acido acetilsalicilico, esiste ormai da più di un secolo, ma il suo metodo di funzionamento rimane un mistero. La storia ne registra un primo uso nell’antica Grecia come sostanza derivata dalla corteccia di salice. Un brevetto è stato registrato nel 1899 dalla Friedrich Bayer & Co. e il farmaco è disponibile in forma di compresse fin dal lontano 1915. L’aspirina è nota come soluzione per ridurre il rischio di infarto o ictus perché aiuta a fluidificare il sangue, riducendo quindi l’aggregazione delle piastrine che possono bloccare le arterie nel cervello o nel cuore. Alcuni ricercatori britannici, nel 1982, hanno stabilito che l’aspirina blocca l’enzima “cicloossigenasi” coinvolto nella coagulazione del sangue e ferma la produzione di prostaglandine che causano dolore e febbre in risposta ad un danno.

Uno studio pubblicato mercoledì scorso nella rivista on line dell’American College of Cardiology, dichiara però che da un esame del sangue basato sull’attività del gene, sembra sia stata rilevata una forma di resistenza all’aspirina, che fa sì che il sistema cardiovascolare possa in alcuni casi essere meno sensibile alla terapia con l’aspirina tradizionale. “Esiste un numero considerevole di persone che prendono l’aspirina per la prevenzione da infarti e ictus, ma sapevamo che non funzionava in alcune persone“, ha comunicato il Dr. Geoffrey S. Ginsburg, autore senior e direttore di medicina genomica all’Istituto di Duke – Genome Sciences & Policy. “Abbiamo voluto capire in che in condizioni si verifica questa resistenza“. Circa il 25/30% dei pazienti trattati con la terapia a base di aspirina alla fine hanno ictus o attacchi cardiaci, sostiene il ricercatore. La genetica, le condizioni ambientali e i comportamenti possono effettivamente svolgere un ruolo che porta modifiche alla salute cardiovascolare: a tal proposito, l’Istituto Duke ha esaminato tre gruppi di partecipanti – due composti da volontari sani e uno composto da volontari con malattie cardiache già sottoposti a pratiche di cardiologia ambulatoriale. I volontari sani hanno ricevuto 325 mg di aspirina al giorno, pari ad una pillola per adulti, per circa un mese. I volontari che avevano già sofferto di malattia cardiaca sono stati sottoposti a un regime di terapia con aspirina a basso dosaggio, prendendone meno di 100 mg al giorno. Dopo un mese, i ricercatori hanno analizzato le RNA nel sangue prelevato da tutti i volontari. “Abbiamo scoperto che funziona in una certa misura su tutti, ma funziona meglio su alcune persone e meno su altre“, ha dichiarato il Dr. Ginsburg. “Questa prova era un modo per confermare quanto già sapevamo”.

P U B B L I C I T A'

Il Dr. Deepak Voora, assistente professore di medicina presso la Duke e autore principale dello studio, ha dichiarato che il test RNA ideato per il progetto di ricerca ha identificato un marcatore biologico – cioè un segno genetico – che può indicare in precedenza il modo in cui un individuo risponderà alla terapia con l’aspirina.

Nella maggior parte dei casi l’aspirina è una buona idea ma, a differenza di altri farmaci per la prevenzione delle malattie cardiache, come la pressione del sangue o colesterolo, non ci sono test attualmente disponibili sui livelli di risposta degli individui trattati (sono raramente sono offerti perché sono complessi e disponibili solo presso i centri di analisi specializzati). “Uno dei potenziali vantaggi dei nostri risultati è che attraverso l’uso di questo biomarcatore, abbiamo la possibilità di sviluppare un test diagnostico basato sul sangue che può essere eseguito in un laboratorio commerciale e dare così il modo al paziente di tornare dal proprio medico con l’esito, per ricevere la prescrizione di una cura” ha aggiunto lo scienziato.

Secondo Ginsburg, il marcatore può anche dare ai cardiologi un modo per misurare più precisamente la risposta di un paziente all’aspirina e quindi considerare se regolare la dose o passare il paziente ad un altro farmaco che potrebbe essere più efficace. L’analisi del materiale genetico per la ricettività biologica a determinati trattamenti, un giorno potrebbe essere un processo di routine, ha dichiarato il Dr. Ben Walker, un cardiologo specialista vascolare. Nel frattempo, sostiene il medico, continuerà a prescrivere l’aspirina a basso dosaggio per i pazienti che hanno un elevato rischio di infarto o ictus. “Per i pazienti a rischio, e che non mostrano segni di ecchimosi o sanguinamento durante la terapia con l’aspirina, è ancora una buona cura“, ha aggiunto Walker.

Per alcuni pazienti, in particolare quelli che hanno pochi o addirittura nessun fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, il rischio di ecchimosi e sanguinamento eccessivo a causa dell’assunzione di aspirina per fluidificare il sangue, può essere sufficiente, sostiene il Dr. Voora. La ricerca Duke, però, indica che l’aspirina può funzionare in modi che non sono ancora stati scoperti: la rivelazione della correlazione fra aspirina e biomarcatore può portare ad una migliore previsione sulle persone che possono essere ad alto rischio di attacco di cuore, anche durante l’assunzione dell’aspirina, ha aggiunto il Dr. Ginsburg; il gruppo di ricerca intende approfondire tale questione. “Sappiamo che alcune persone non rispondono alla terapia con l’aspirina e che la mancanza di risposta è associata a infarti e ictus“, ha aggiunto. “Se prescrivere l’aspirina in dosi più elevate può generare una migliore risposta, è un’altra domanda a cui probabilmente daremo una risposta: qualcuno può aver bisogno di tre o quattro volte la dose normale, oppure può risultare più adatto a un altro farmaco” ha concluso il medico. “Si tratta di altro passo verso una medicina sempre più personalizzata“.

04 luglio 2013

Autore | Daniela Bortolotti

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Chi sono? Viola Dante

Sono una farmacista. Ho studiato presso l'Università degli Studi di Palermo. Poi è arrivata la laurea: 110/110 e Lode. Il percorso di studi è andato benissimo ed ho preso tutto quello che potevo dai professori, ma oggigiorno sarebbe riduttivo descrivermi come una professionista del farmaco e della salute. Potrei piuttosto definirmi una farmacista blogger. Amo quello che faccio. Ed ancor di più amo offrire delle soluzioni che migliorino la salute degli italiani ormai vittima di bieche mistificazioni anche in questo campo. Spero di riuscire a trasmettervi la mia smisurata passione per la galenica e per la preparazione di rimedi naturali.

Un commento

  1. ballerano giovanni

    è buono, io sono diabetico,iperteso e monorene con creatinina a 2,38,avrei piaxcere di leggere qualcosa di più grazie. anch’io prendo la cardioaspirina