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Il Cervello E’ Costruito Per L’Amicizia

Le nostre amicizie definiscono chi siamo, cioè sono di fatto una parte del nostro sé.
Vediamo cosa ci dice a riguardo il Dott. David Sbarra, di YouBeauty.com

Spesso ci sentiamo affranti, quando un amico esce dalla nostra vita; dopo un grosso litigio che pone fine ad un’amicizia, o dopo che un amico si è trasferito, dopo un divorzio. Abbiamo un senso di vuoto anche una volta terminato un programma tv al quale ci eravamo affezionati molto, come una serie.

Non è assurdo o ‘non normale’. La scienza psicologica ci insegna infatti che ci definiamo, ovvero conosciamo noi stessi, attraverso le persone che ci sono più vicine. Quando dunque una relazione s’interrompe, s’interrompe anche una parte della nostra esistenza, per la quale dobbiamo quindi ridefinire noi stessi. Dopo un divorzio ad esempio, si passa gran parte dell’esistenza a riformulare il proprio concetto di sé, a rimettersi in sesto, letteralmente a ‘tornare in sé’, e ciò accade dopo diverse esperienze difficoltose, come anche un lutto ad esempio.

P U B B L I C I T A'

Perché quando qualcuno se ne va noi siamo così feriti ed affranti? Perché perdiamo un appoggio, un importante fonte di supporto. Sentire l’altro, conoscerlo è parte di ciò che chiamiamo empatia, la caratteristica più peculiare del nostro essere umani.
Una ricerca dell’Università della Virginia suggerisce come non solo l’empatia sia un aspetto fondamentale del nostro cervello, ma che il nostro cervello processi informazioni riguardanti noi stessi, ed i nostri amici, in un modo molto simile. In questo studio, il neuroscienziato Jim Coan e il suo staff, hanno analizzato 22 giovani e i loro amici di sesso opposto, tramite elettroshock e l’uso della risonanza magnetica funzionale (fMRI), per valutare le attività del cervello.

I giovani sono stati trattati con l’una e con l’altra tecnica, per valutare il loro ‘Rapporto con L’Altro’ e il loro ‘Rapporto con il Sé’ mentre tenevano la mano di un amico o di un estraneo, prima sotto risonanza, poi sotto elettroshock.
Il nostro cervello risponde piuttosto drammaticamente, quando crede di essere sotto una potenziale minaccia di dolore fisico; questa ricerca ha dimostrato come questo livello di drammaticità aumenti quando ci ritroviamo da soli, con un estraneo o l’amato. Ciò che di nuovo questa ricerca ha sottolineato, è che rispondiamo allo stesso modo quando la minaccia è relativa ad un amico.

Il cervello infatti non esegue una netta distinzione tra il sé e un amico; cosa che ovviamente non accade con un estraneo. La mappatura del cervello ha dimostrato come vi sia un’alta correlazione tra le risposte naturali alla minaccia del sé, e le risposte naturali alla minaccia delle condizioni di un amico; ma nessuna correlazione tra minaccia al sé e minaccia ad un estraneo. Ovviamente, la somiglianza tra queste due condizioni dipende dalla vicinanza degli amici, da quanto cioè essi si siano definiti tali o lo siano stati, al momento della ricerca. La ricerca si conclude dunque in questo modo: “Le regioni del cervello che si occupano di rispondere alla minaccia di dolore fisico, funzionano allo stesso modo se sono dirette al sé o all’altro, quando l’altro è una persona vicina, un amico; e quanto più è intima e familiare la relazione, tanto più la differenza si assottiglia.” E quindi, per quanto concerne il tuo cervello, se il tuo amico più caro è in pericolo, è come se lo fossi tu.

Quando i nostri amici sono sotto una minaccia di dolore fisico, noi percepiamo quella minaccia come reale e significativa. E questo meccanismo non è altro che la base neuronale dell’empatia. Ecco perché proviamo sofferenza quando un nostro amico soffre. Ecco perché soffriamo dopo una dipartita o un lutto, a patto che siano di amici, parenti, amati. Probabilmente, l’essenza del nostro essere umani sta proprio in questo: in questa capacità del cervello di essere profondamente connessa ed organizzata sulle menti, sulle esperienze degli altri.

Questa ricerca, ci spiega come la perdita sia un dolore effettivamente percepito come reale dal cervello. Non significa che tu non possa recuperare e riprenderti, significa però che è un dolore che è effettivamente fisico, neuronale. Ci vorrà tempo inoltre, per recuperare, e la nascita di nuove relazioni o il riallacciamento di quelle vecchie richiederà altro tempo in futuro. Allo stesso modo, anche l’idea di un cervello sociale è vera; dipendiamo dagli altri, per processare le informazioni che ci provengono dall’esterno, e per definire noi stessi e ciò che vediamo del mondo. E i nostri stati emotivi sono fortemente legati, influenzati, intrecciati, con quelli dei nostri amici, della nostra famiglia, di chi amiamo.

Di fatto quindi, il nostro cervello non elabora soltanto informazioni riguardo al “” ma anche riguardo al “noi”, qualunque sia il noi della nostra vita in quel momento. Quindi, essere umani significa anche allacciare e stringere relazioni di qualità; potrebbe persino essere il modo che ha il nostro cervello di sopravvivere a questo complesso mondo.

Autore | Enrica Bartalotta

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Chi sono? Viola Dante

Sono una farmacista. Ho studiato presso l'Università degli Studi di Palermo. Poi è arrivata la laurea: 110/110 e Lode. Il percorso di studi è andato benissimo ed ho preso tutto quello che potevo dai professori, ma oggigiorno sarebbe riduttivo descrivermi come una professionista del farmaco e della salute. Potrei piuttosto definirmi una farmacista blogger. Amo quello che faccio. Ed ancor di più amo offrire delle soluzioni che migliorino la salute degli italiani ormai vittima di bieche mistificazioni anche in questo campo. Spero di riuscire a trasmettervi la mia smisurata passione per la galenica e per la preparazione di rimedi naturali.